Genoa, quando un pareggio a San Siro diventa un’occasione persa

di Gessi Adamoli

3 min, 45 sec

Avanti tutta con Gilardino e ora vendetta, tremenda vendetta col Sassuolo

Genoa, quando un pareggio a San Siro diventa un’occasione persa
Fortunatamente, a San Siro contro il Milan, il Genoa giocava solo per il prestigio e in palio non c’erano punti pesanti. Altrimenti ci sarebbe stato da mangiarsi le mani per non essere riusciti a gestire con un po’ più di attenzione una partita che aveva visto passare per due volte in vantaggio i ragazzi di Gilardino. Intendiamoci, il 3 a 3 finale va più che bene. È piaciuto l’atteggiamento. È stato un Genoa coraggioso, a volte persino spavaldo come dimostrano i due clamorosi contropiede che ha subito quando era in vantaggio per due a uno. La squadra è cresciuta sul piano del gioco rispetto al girone d’andata, quando i risultati arrivavano attraverso un’idea di calcio molto più utilitaristico e speculativo. Ora la palla gira veloce, la manovra è fluida, l’area di rigore avversaria attaccata con tre o anche quattro giocatori e dunque Retegui non è più lasciato da solo là davanti. Insomma, la famosa mano dell’allenatore c’è e si vede.

La riconferma di Gilardino per la prossima stagione (contratto biennale e dunque anche per la stagione 2025-26) non è dunque che la logica conseguenza dei risultati ottenuti dalla squadra rossoblù da quando il tecnico di Biella dalla Primavera è stato promosso alla prima squadra. Del resto è ciò che torna maggiormente più utile sia alla società, che va avanti nel segno della continuità, e allo stesso Gilardino, che in qualunque altra piazza (Firenze compresa) avrebbe dovuto ricominciare da capo e rifarsi da zero quella credibilità che a Genova si è costruito attraverso una promozione e la conquista dello scettro di migliore neopromossa nei cinque campionati europei più importanti.
 
Il sondaggio di stasera al Derby del Lunedì pone questo interrogativo: quale deve essere l’obiettivo per la prossima stagione? A Ancora una salvezza tranquilla, B bisogna puntare all’Europa. Personalmente voto la prima. È ovvio che a tutti piacerebbe fare le Coppe, ma è sempre pericoloso bruciare le tappe e la crescita deve avvenire per gradi. E proprio queste sono le direttive in arrivo da Miami. Ripetersi non è mai facile, la parola d’ordine è consolidamento. Poi con la possibilità di operare sul mercato e il traguardo dell’autosostenibilità sempre più vicino il Genoa potrà ad alzare l’asticella.
 
Ma torniamo alla partita di San Siro che il Genoa ha affrontato senza cinque giocatori di primissimo piano: Bani, Messias, Malinowski, Gudmundsson e Vitinha. Sulle palle alte (due gol su tre subiti di testa) la contraerea rossoblù è andata in crisi e dunque è inevitabile sostenere che l’assenza che ha inciso maggiormente sia sicuramente stata quella di Bani che, perso a gennaio Dragusin, restava l’unica torre della retroguardia genoana. Forse per questo andava anticipato l’ingresso di Cittadini, che dopo la cessione di Dragusin era stato preso proprio per garantire centimetri in caso di emergenza. Ma il giocatore che, in questa fase finale della stagione un po’ tutti vorrebbero vedere schierato a tempo pieno, è Vitinha per capire se fare su di lui un investimento importante.
 
Se Gudmunsson, destinato probabilmente a partire, è un fuoriclasse, il portoghese dal canto è un potenziale fuoriclasse. Questo almeno diceva il suo curriculum prima del brusco stop di Marsiglia e per questo va seguito e valutato con grande attenzione. Ha altre caratteristiche rispetto a Gudmundsson ma con Retegui potrebbe formare una coppia comunque intrigante ed efficace. Quanto all’argentino abbiamo capito perché scalpitava per tirare i rigori. La sua è stata un’esecuzione perfetta. Del resto i numeri dicono che in Argentina aveva uno score di 12 centri su 13 tiri.
 
Spiace per lo zio Balla, ma domenica al Sassuolo non si faranno regali. E non solo per il club neroverde è considerato un parvenu da chi, come i tifosi del Genoa, fanno parte dell’aristocrazia del calcio italiano. Anche se la vendetta è un piatto che va servito freddo, quattro anni possono essere più che sufficienti. È il 29 luglio 2020, l’interminabile campionato segnato dall’interruzione per il Covid, il Genoa di Nicola ha assolutamente bisogno di punti ma Berardi e compagni non hanno pietà: finisce 5 a 0. E la B a quel punto sembrava davvero vicinissima.
 
“Vae victis”, urlò Brenno, re dei Galli, dopo essere entrato a Roma. Guai ai vinti!